Tutti hanno avuto qualche volta la spiacevole sensazione, spesso dopo un lauto pranzo, dell’acidità che risale dallo stomaco lungo l’esofago per arrivare, talvolta, fino al cavo orale. A parte il fastidio, se questo fenomeno è del tutto occasionale, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Ma quando diventa più frequente e capita almeno una volta alla settimana, diventando anche indipendente dall’abbondanza del pasto, può trattarsi di una patologia chiamata reflusso gastroesofageo. Essa è caratterizzata da bruciore di stomaco, acidità e rigurgito.

Normalmente il cibo sminuzzato con la masticazione scende lungo i 25-30 cm dell’esofago grazie alla forza di gravità ed ai movimenti ritmici (peristalsi) di questa prima porzione del tubo digerente. Questo termina con lo sfintere esofageo inferiore, detto cardias, che si richiude dopo il passaggio del bolo, impedendone la risalita. Se per un motivo qualsiasi lo sfintere perde il proprio tono muscolare, esso non è più in grado di chiudersi completamente, rendendo così possibile il fatto che l’acido gastrico risalga per la strada già percorsa.

Ciò provoca l’irritazione della mucosa esofagea, con i tipici sintomi. Possono contribuire all’insorgenza della cosiddetta Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) anche il rallentato svuotamento gastrico o l’alterazione della composizione e/o della quantità della saliva.
Gravidanza, obesità, ansia e stress favoriscono la comparsa di questa patologia, che si accompagna molto spesso alla presenza di un’ernia iatale.

Salute Cellulite

Sintomi talvolta presenti, oltre a quelli descritti, sono il dolore retrosternale, simile a quello dell’angina pectoris, che tipicamente peggiora in posizione sdraiata; la disfagia, cioè la sensazione di presenza di cibo nel canale esofageo e, talvolta, raucedine, disfonia, tosse. Fino, anche se raramente, a provocare asma se l’acido viene nebulizzato nelle vie aeree superiori, riuscendo quindi a penetrare nei polmoni.
Il protrarsi del disturbo, se non adeguatamente trattato, può condurre a piccole lesioni della mucosa (esofagite) che possono evolvere fino ad ulcere vere e proprie. Più grave è l’esofago di Barret, che a causa dell’irritazione intensa e prolungata della mucosa esofagea, provoca la modificazione di alcune cellule fino a diventare simili a quelle che rivestono lo stomaco.

Tale situazione, che può indurre stenosi e sanguinamento, qualora cronicizzasse viene considerata come precancerosa. In fase iniziale la patologia va trattata con farmaci antiacidi. In caso di persistenza della sintomatologia è opportuno procedere ad esami strumentali, instaurando altresì una terapia che si affianchi ad un cambiamento nello stile di vita, che comunque rimane l’intervento prioritario. Fondamentale risulta la riduzione del peso corporeo, la rinuncia al fumo e l’abolizione delle bevande gassate ed alcoliche.

Attenzione bisogna anche porre all’utilizzo di alcune categorie di farmaci potenzialmente gastrolesivi. Le categorie di prodotti da impiegare sono i procinetici, che accelerano lo svuotamento gastrico, i protettori della mucosa e gli inibitori della pompa protonica o gli antagonisti dei recettori H2 che hanno entrambi la funzione di ridurre la secrezione acida gastrica, diminuendo così la quantità del fattore lesivo. Solo in un ristretto numero di casi le terapie farmacologiche non hanno successo; solo allora l’indicazione diventa chirurgica.